L’anno di Kafka, Ejzenštein e Montale

LA CARTOLINA
Di: Augusto Frasca
Tentando, ore fa,
con pessimo esito,
di mettere mano
con un minimo criterio
di ordine e di catalogazione
alle file di volumi
sparsi sugli scaffali di famiglia,
il caso mi ha posto
sotto gli occhi
una delle opere letterarie fondamentali
del secolo passato,
Il processo di Franz Kafka.
Data della pubblicazione, un anno dopo la scomparsa dell’autore, il 1925, quindi cento anni esatti di vita di un’opera posta a simbolo delle ansie, meglio, delle angosce, dell’uomo a cospetto della tragica irriconoscibilità del mondo, come un’altra e celebrata opera dello scrittore boemo,
La metamorfosi, o come, nelle arti figurative, l’esemplare testimonianza offerta dall’Urlo di Edvard Munch.

La definizione dell’anno ha aperto la curiosità a scoprire cosa altro di particolarmente significativo avesse quella lontana stagione offerto alla creatività e alla fantasia umana. Una ricerca non facile, e una successiva selezione altrettanto complessa, hanno aggiunto al lavoro iniziale le due opere utili a comporre un terzetto artistico, opinabile, e in fondo arbitrario, come ogni classificazione, e pur tuttavia condivisibile nel giudizio del prossimo per la loro assolutezza creativa. Due realizzazioni estratte, di peso, l’una dal mondo della poesia, l’altra da quella che fu definita alle sue prime apparizioni, dopo poesia, pittura, scultura, musica, danza, architettura, la settima arte: la cinematografia, sintesi di spazio e tempo.

Protagonisti, tra le voci poetiche più alte del secolo, con Ossi di seppia, Eugenio Montale – futuro premio Nobel della letteratura, nel 1975, quinto degli italiani dopo Giosuè Carducci, Grazia Deledda, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo – e Sergej Ejzenštein, con la Corazzata Potëmkin.
Nel 1958, all’Esposizione Universale di Bruxelles, 119 critici internazionali assegnarono alla pellicola del regista e sceneggiatore sovietico il primo posto nella storia della cinematografia mondiale.
Per la curiosità degli affezionati alla Cartolina, ricordiamo nome e cognome delle pellicole classificate nell’occasione al secondo e terzo posto, La febbre dell’oro di Charlie Chaplin e Ladri di biciclette di Vittorio De Sica.

Quanto alla Corazzata, in anni più recenti ne ravvivò la celebrità dalle nostre parti, con un’espressione provocatamente dissacratoria, Paolo Villaggio.
E spiace tutto sommato sottolineare, con sbigottimento, come, sempre dalle nostre parti, la conoscenza della pellicola sia ferma, nella mente dei più, allo spericolato giudizio del geniale comico ligure.
