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Essere "caregiver" di un paziente oncologico anziano

Caregiver con anziano
 
LA SOFFERENZA
 

La malattia oncologica

è fonte di sofferenza

non solo per i pazienti,

ma anche per i loro familiari,

e in particolare

per i loro “caregivers”.

 

 Di: A. Faiello, C. Giraudi, S. Villa, M. Gonella

 1. INTRODUZIONE
La malattia oncologica è fonte di sofferenza non solo per i pazienti, ma anche per i loro familiari, e in particolare per i loro caregivers. Per caregiver si intende colui che si prende cura di un familiare affetto da qualche tipo di patologia, facendosi carico degli oneri assistenziali, sanitari, di comunicazione con l’équipe medica e di gestione degli spostamenti e delle necessità del paziente.
 
I pazienti oncologici possono sperimentare diverse problematiche relative ai sintomi fisici, possibile conseguenza della malattia e delle terapie, ai sintomi psicologici (ansia, depressione, paura, compromissione dell’immagine di sé), e ai cambiamenti esperiti nella vita privata e nella quotidianità (alterazioni nella sfera relazionale e sessuale, perdita di forza e fragilità generale) (Deshields et al., 2012). Allo stesso modo, la diagnosi oncologica e le problematiche da essa derivanti producono una ricaduta anche sui caregivers (Cai et al., 2021; Teixeira and Brandão, 2019), che si trovano a vivere  le problematiche del paziente oncologico “di riflesso”: queste, sommandosi alle difficoltà quotidiane legate ai compiti di  caregiving, portano, spesso, ad alti livelli di carico assistenziale (burden); circa il 62% dei  caregivers presentano i sintomi fisici e psicologici di quello che può essere definito come “high burden”, ovvero un elevato carico assistenziale (Deshields et al., 2012; Serpentini et al., 2021).
 
Caregiver e MedicoIn Italia, il carico assistenziale che pesa sulle spalle del caregiver può essere considerato ancora più gravoso rispetto a quello che si può osservare in altri Stati: infatti, fattori culturali predispongono il caregiver a occuparsi non solo dei compiti assistenziali, ma anche delle relazioni con lo staff sanitario e della scelta di quali informazioni condividere con il paziente circa la sua situazione di malattia; questi elementi, uniti alla difficoltà a prendersi cura della propria salute e al sovraccarico di informazioni fornite dall’ambiente sanitario, possono provocare elevati livelli di distress (Serpentini et al., 2021).
 
Allo stesso modo, i caregivers possono attraversare la dolorosa esperienza del lutto anticipatorio, rischiando di ritirarsi precocemente dal legame con il proprio caro, e sperimentare sintomi quali disturbi del sonno, immunosoppressione, declino cognitivo, affaticamento, dolore cronico, cambiamenti nell’appetito, ansia, depressione, emotività negativa, modificazioni in negativo delle abitudini salutari, disturbi gastrointestinali, cefalee, disturbi cardiovascolari e problematiche reattive alla morte del proprio caro, come il disturbo da lutto persistente (Cai et al., 2021; Teixeira and Brandão, 2019; Zavagli et al., 2012; Serpentini et al., 2021).Il fatto di trascurare la propria salute per dedicarsi aSonno disturbato quella del paziente, porta in molti casi a un abbassamento della qualità di vita e a una diminuzione della capacità di portare a termine attività quotidiane, la quale rappresenta uno svantaggio anche per il paziente (Serpertini et al., 2021). Inoltre, i caregivers possono riportare vissuti di ansia, rabbia, senso di ingiustizia verso la malattia, senso di colpa per il fatto di essere sani e perdita di senso di autoefficacia, emozioni che possono essere vissute come scomode e angosciose, e quindi allontanate (AIOM, 2017; Serpentini et al., 2021; Ochoa et al., 2020).
 
La ricerca dimostra che i familiari dei pazienti oncologici soffrono maggiormente rispetto ad altri tipi di caregiver di ansia e depressione, talvolta riportando livelli maggiori dei pazienti stessi; inoltre, assistere il proprio coniuge, o un altro familiare di sesso maschile con sintomi depressivi o una bassa qualità di vita, sembra aumentare il rischio di insorgenza di depressione nel caregiver (Serpentini et al., 2021; Ochoa et al., 2020; Cai et al., 2021; Adashek and Subbiah, 2020).
 
In Italia, il numero di persone anziane con diagnosi oncologica aumenta circa del 3% l’anno; questo dato sembra riconducibile all’incremento progressivo della popolazione anziana, che vede un aumento di circa il 16% l’anno dell’età media della popolazione (AIOM, 2017). Attualmente, circa due terzi delle persone affette da malattia oncologica hanno più di 65 anni, e circa un terzo ha più di 75 anni (VIII Convegno Nazionale GioGer, 2022; Owusu and Berger, 2014).
 
2. IL CONCETTO D’INVECCHIAMENTO E IL RUOLO DEL CAREGIVER
Letto ColoriPer “invecchiamento” si intende un processo naturale caratterizzato da molteplici cambiamenti che aumentano il rischio di malattie e producono un progressivo deterioramento delle funzioni vitali (De Jaeger, C.2011).  Invecchiare significa, dunque, andare incontro a una riduzione e a un rallentamento delle proprie funzioni fisiche e motorie, delle capacità cognitive e delle funzioni mentali, riducendo o compromettendo l’autonomia nello svolgimento delle normali attività quotidiane, e rendendo necessaria un’assistenza a carico di un caregiver familiare o esterno alla famiglia.  Tra le malattie il cui rischio di insorgenza aumenta con l’avanzare dell’età, la letteratura annovera la malattia oncologica, la quale viene definita come una “patologia tipica dell’età geriatrica” (AIRTUM 2008-2012).
 
Secondo un report pubblicato nel 2021, alcuni dati ISTAT sottolineano che “in un paese come l’Italia, caratterizzato da un elevato invecchiamento della popolazione, è di fondamentale importanza valutare il livello di autonomia degli anziani nelle attività quotidiane di cura della persona e fornire un contributo conoscitivo per la definizione di adeguate politiche sociosanitarie.
AssistenzaIl 10,6% degli anziani riferisce gravi difficoltà in almeno un’attività di cura della persona […], il 6% […] presenta gravi difficoltà in tre o più attività. La scarsa autonomia in almeno un’attività di cura personale riguarda quasi un quinto degli anziani di 75 anni e più e oltre un terzo degli ultraottantacinquenni. La gran parte degli anziani con grave riduzione di autonomia nelle attività di cura della persona riferisce anche gravi difficoltà nelle attività quotidiane della vita domestica.
Si arriva quindi a circa 1 milione e 400mila di anziani (10,1%) con una forte riduzione di autonomia in entrambe le attività essenziali della vita quotidiana che necessitano dunque di assistenza nella maggior parte delle ore diurne e notturne” (ISTAT, 2011).
Il ruolo del caregiver di un paziente anziano, pertanto, è quello di rispondere ai suoi bisogni supportandolo nelle attività quotidiane e sostenendolo sul piano emotivo.
 
Nel caso del paziente oncologico anziano, il familiare che se ne prende cura funge spesso anche da intermediario nella relazione con il personale medico, si fa carico dell’organizzazione e dell’accompagnamento alle visite, e della gestione degli effetti collaterali causati dalle terapie.

 

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