Longevità e Sostenibilità

In questo contesto l’Italia conferma di essere tra le nazioni con popolazione più longeva con un’aspettativa di vita di 84 anni e, a conferma della ‘’solidità‘’ del dato, si rileva anche un aumento dell’aspettativa di vita in buone condizioni di salute dopo i 65 anni. Risultati e traguardi demografici che normalmente tutti noi consideriamo quasi normali, ma che in realtà sono di grande valore se si pensa che poco più di un secolo e mezzo fa l’aspettativa di vita ruotava ancora intorno ai 35/40 anni. E a questo riguardo viene spontaneo pensare a Dante Alighieri, che iniziò a scrivere la Commedia nell’intorno del 1300 all’età di 35 anni con il famoso incipit: ‘’Nel mezzo del cammin di nostra vita.’’. Il sommo poeta pensava in cuor suo di poter raggiungere i 70 anni; traguardo che all’epoca era raggiungibile da pochissime persone, e infatti, per sfortuna sua (e anche nostra) dovette arrendersi alla dura realtà dopo 56 primavere.Come dicevamo all’inizio questo è indubbiamente un bel ‘’pacchetto’’ di buone notizie, che si caratterizzano per la loro natura
prevalentemente ‘’quantitativa’’. Ciò che rende il fenomeno meno roseo è l’aspetto ‘’qualitativo’’ del dato statistico, soprattutto se analizzato in chiave di prospettive future legate alle tendenze demografiche, all’evoluzione del welfare e della sua sostenibilità socio-economica. In sintesi, dopo aver preso atto con soddisfazione del ‘’quanto’’ siamo invecchiati, dobbiamo interrogarci sul ‘’come‘’ stiamo invecchiando e soprattutto sul ‘’come‘’ invecchieremo. E qui finiscono le buone notizie, o perlomeno rischiano di finire se non riusciremo a mettere in campo strumenti e misure adeguate.
dell’andamento demografico. A rendere la situazione più complessa vi è la constatazione che i due fenomeni sono anche in parte correlati tra loro da significative relazioni di causa/effetto: minori coperture assistenziali e previdenziali rendono più difficoltosa ed onerosa la gestione familiare e quindi scoraggiano la natalità, che a sua volta riduce in prospettiva la forza lavoro, che è la base della piramide demografica su cui si è retto e si regge il sistema previdenziale: tanti giovani e pochi anziani. Ma la sfida del vivere a lungo e bene ci è comunque addosso; ci siamo dentro fino al collo: tutti gli scenari ISTAT prevedono un incremento ed una prevalenza della classe di età intorno ai 75 anni.
Sulle strade da percorrere per evitare questo rischio c’è una discreta convergenza degli analisti, come risulta dai più recenti studi dell’OCSE (giugno 2025), dell’Asvis (Alleanza per lo sviluppo sostenibile - Marzo 2025), Inapp (istituto Nazionale per le Analisi delle Politiche Pubbliche), IPSOS e naturalmente l’ISTAT. Anzitutto occorre un radicale cambiamento nell’approccio al problema, una vera ‘’rivoluzione copernicana’’ che partendo dal presupposto che l’allungamento della durata della vita umana è indiscutibilmente un aspetto positivo della nostra esistenza, questo ci porti a considerare la longevità non come un peso per la società, bensì come un’opportunità da cogliere. Significa considerare che a 50-55 anni non si ritiene praticamente chiuso il ciclo di vita attiva, ma che si apre un orizzonte di altri 30-35 anni di speranza di vita attesa, praticamente una seconda vita. Occorre prima di tutto dare a questa nuova fase contenuti, formazione e istruzione atti a rendere le persone in grado di continuare ad essere pro-attivi, al passo con i tempi invece che sentirsi ‘’psicologicamente obsoleti’’. È evidente quanto questo aspetto sia importante in periodi di rapido progresso tecnologico, come quelli che stiamo vivendo.
sia qualitativo, il lavoro delle donne: nella fascia di età 25-29 anni l’occupazione lavorativa femminile in Italia è del 56,50%, mentre la media europea è del 73,50%. I margini di miglioramento sono evidenti, con altrettanto evidenti risvolti positivi sul reddito famigliare e quindi sulle premesse per un miglioramento del tasso di natalità, che rimane tra i più bassi del mondo.SCARICA L'ARTICOLO IN FORMATO PDF





















