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La passione per i confronti

SinnerFederer

 
LA TRADIZIONE
 
Proposta:
e se si guardasse
lo sport
con la passione
che meritano
i grandi campioni,
senza perdere tempo
a fare paragoni?
 
Di: Fabio Monti
 
Tramonta il 2025 e ritorna, come da tradizione, la passione per i confronti fra campioni di uno stesso sport o anche di sport così diversi, da far fatica a trovare un punto di contatto.
La ricerca del più bravo, del più forte, del migliore in senso relativo o assoluto è diventata quasi un’ossessione. Jannik Sinner, che a 24 anni ha giocato le quattro finali del Grande Slam, vincendo in Australia a gennaio e a Wimbledon in luglio, prima di laurearsi «Maestro dei maestri» a Torino, ha finito per battere la concorrenza mondiale. Paragoni rischiosi, perché il mondo cambia e cambia anche quello dello sport: racchette, allenamenti, preparazione, tutto è stato modificato dai tempi di Rod Laver, di Bjorn Borg oppure di John McEnroe, ma anche di Roger Federer, mentre è fantastica la voglia di non uscire di scena di Nole Djokovic. Intanto già ci si chiede se Sinner sia destinato a diventare il più grande tennista di sempre oppure se qualcuno, sia esso calciatore, corridore, pallavolista, cestina e/o affine sia stato almeno alla sua altezza in questi dodici mesi.
C’è un altro campione che qualcuno vorrebbe considerare sin d’ora il “più migliore” di sempre, almeno in bicicletta: Tadej Pogacar, sloveno, 27 anni, capace di vincere nelFogacarCoppi 2025 Tour de France, campionato mondiale ed Europeo, più Giro delle Fiandre, Freccia Vallone, Liegi-Bastognd-Liegi, Giro di Lombardia, senza dimenticare il terzo posto nella Sanremo e il secondo a Roubaix. 
Quando è in bici e attacca, sembra non fare nemmeno fatica a staccare chi gli sta a fianco; quando decide di accelerare, se ne va con irridente facilità e poco importa se al traguardo mancano 70 o 50 chilometri.
Tutto questo fa pensare che questo ragazzo sloveno sia meglio di Fausto Coppi e di Eddy Merckx, il cui confronto a distanza alimentò una geniale definizione coniata da Gian Paolo Ormezzano: «Coppi il più grande, Merckx il più forte». Di Pogacar si potrebbe dire: «il più moderno», vista la qualità delle biciclette e delle strade attuali. Senza dimenticare che Fausto Coppi, classe 1919, era stato costretto a fare i conti con la Seconda guerra mondiale, che gli aveva fatto perdere gli anni migliori, dopo il successo nel Giro del 1940. Oppure ricordando che Merckx a cronometro risulta essere stato più bravo dello sloveno, almeno per ora e anche per il record dell’ora del 1972 in Messico.
 
BoltDuplantisIn atletica, tramontata l’era di Usain Bolt, adesso tutti gli occhi sono per lo svedese Armand Duplantis, classe 1999, due volte campione olimpico, tre volte campione mondiale e tre campione europeo nel salto con l’asta, otto record all’aperto (è arrivato a m 6,30) e sei al coperto (fino al 6,27 del 2025). Meglio di Sergei Bubka? Forse, però il campione ucraino aveva migliorato per 17 volte il record dell’asta all’aperto e per 18 al coperto. E comunque i materiali sono in continuo miglioramento, come le scarpe, che hanno spinto i maratoneti (e le maratonete) a tempi fino a dieci anni fa inimmaginabili. Il grande narratore di sport, Giorgio Cimbrico, ha scritto (a ragione) che «un’impresa andrebbe esaminata sotto diverse angolazioni o usando una serie di canoni: quando e dove è avvenuta, con quali modalità, contro quale o quali avversari, in quale occasione. Un concorso per titoli, si sarebbe detto una volta. Senza dimenticare la dose di emotività suscitata e che il trascorrere del tempo non ha sopito».
Lo sport ormai ha scelto di privilegiare la quantità alla qualità, nel calcio si gioca ogni tre giorni e la cronaca ha messo in secondo o terzo piano la storia. Si è dibattuto perPeleMaradona anni se sia stato meglio Pelé o Maradona, Cristiano Ronaldo o Messi, Dino Zoff o Gianluigi Buffon; si sono dimenticati campioni del passato grandi come loro, a cominciare da Valentino Mazzola e Alfredo Di Stefano, Johann Cruijff e Gianni Rivera, ma erano altri tempi, senza e con poca tv, che poi è il motore di tutto.
 
Proposta: e se si guardasse lo sport con la passione che meritano i grandi campioni, senza perdere tempo a fare paragoni?
Tanto un’impresa come quella di Livio Berruti il 3 settembre 1960 nei 200 dell’Olimpiade di Roma difficilmente tornerà.
Non si dovrebbe dire, ma si può scrivere...
 

 

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