"Lettera Aperta" alle case farmaceutiche
LA STORIA
Un invito ad investire
anche nella ricerca…
quella più impegnativa
e probabilmente
meno redditizia
Di: Ernesto Bodini
Dovrebbe essere noto a tutti, o perlomeno sarebbe auspicabile, che le radici della storia dell'industria farmaceutica risalgono a quelle farmacie e a quegli “speziali” che offrivano rimedi tradizionali già nel Medioevo, basati su secoli di conoscenza popolare.
Ma l'industria moderna, per come la conosciamo noi inizia solamente nella seconda metà del XIX secolo. E ben sappiamo che in questo campo a tutt’oggi molti sono i leader del cui sviluppo e contributo alla Scienza medica in più occasioni è stato ed è determinante.
Ma a quale prezzo per il consumatore, ossia per il Servizio sanitario e soprattutto per i pazienti? È una domanda tanto ostica quanto lecita in ragione del fatto che non solo la realizzazione dei farmaci richiede consistenti investimenti di prodotti, apparecchiature, sedi operative e risorse umane, ma anche per il fatto che nel corso dei decenni sono state individuate molte malattie per la gran parte trattabili con i farmaci da voi realizzati. Invece, per quanto riguarda le malattie rare, ad esempio, non intendete investire (a parte qualche eccezione, che sarebbe bene conoscere) in quanto essendo pochi i pazienti l’investimento nella ricerca è per voi sconveniente… sia pur considerando i cosiddetti “farmaci orfani” utilizzati per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento delle malattie rare; per i restanti pazienti gli stessi sono “messi alla porta” e in attesa…
Ma tra tutti voi investitori, i cui profitti risultano essere di notevole entità, se non addirittura stratosferici, sarebbe utile sapere se c’è qualcuno che abbia mai pensato di prendere esempio dagli illustri filantropi Albert B. Sabin (1906-1993) e Jonas E. Salk (1914-1995) che, come è noto, non hanno mai voluto brevettare il vaccino antipolio da loro stessi realizzato, rinunciando quindi ad ottenere lauti guadagni. Un esempio lodevole, mi permetto di aggiungere, che riguarda anche il fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen (1845-1923), per la cui sua scoperta dei Raggi X non divenne ricco, anzi, non volle trarre vantaggi economici dalla stessa, rinunciando persino alle 50.000 corone svedesi della vincita del Nobel (nel 1901), che devolvette all’Università di Würzburg. Sono esempi rarissimi nella Storia delle Medicina che, seppur lontani nel tempo e dalle diverse esigenze materiali e di realizzazione, non si è mai tentato di imitare.
Pur comprendendo quanto costa investire nella ricerca per realizzare i farmaci, io credo che in considerazione dei vostri notevoli introiti (come è avvenuto anche per la realizzazione dei vaccini contro la Sars-Cov-2, in forte competizione con i reciproci concorrenti), una certa quota degli stessi sarebbe stata ben accolta sia dalle Istituzioni sanitarie mondiali che dai pazienti o potenziali tali. Ma si sa, mi corre l’obbligo sottolinearlo, oggi più che mai nel campo della Sanità è “inopportuno” parlare di filantropia perché, se così non fosse, voi direste che sarebbe inevitabile chiudere i battenti, o ridurre la ricerca perdendo posti di lavoro.
Ciò è in parte vero, ma la coscienza di ognuno non dovrebbe tralasciare l’attenzione per chi soffre più di altri, i quali hanno bisogno di voi in collaborazione con le Istituzioni sanitarie preposte; e si convenga che questo “disquisire” non è una questione di lana caprina o rientrante nel detto proverbiale “un cane che si morde la coda”; piuttosto, invece, una realtà umana che esige il diritto di tutti al mantenimento della salute, se non anche della vita. Ora, non mi è dato a sapere se tra voi investitori c’è stato o c’è qualcuno che ha devoluto parte degli introiti per re-investirli al fine di realizzare dei farmaci orfani, ai quali va il mio plauso; ma nel contempo mi permetto di nuovamente sensibilizzare la vostra Categoria (si noti la C maiuscola), in modo che molti malati affetti da malattie rare (attualmente risultano essere 6-8 mila) abbiano a sorridere e poter tornare a vivere, proprio come gli oltre 2,5 miliardi di bambini nel mondo che hanno beneficiato (praticamente a costo zero) dei vaccini antipolio dei due scienziati statunitensi sopra citati. Infine, con tutta obiettività, bisogna ammettere che taluni casi che possono andare a buon fine per la scoperta di un farmaco, si tratta di serendipità, ossia la scoperta casuale di quello che si voleva realizzare ed ottenere.
Ma questa eventualità, purtroppo, non credo che possa realizzarsi, come lo è stato il lavoro dello scozzese Alexander Fleming (1881-1955), lo scienziato che dedicò la sua vita alla ricerca e che, grazie a una semplice dimenticanza (caso di serendipità), nel 1928 fece una delle scoperte più importanti della Medicina: “la penicillina”, un antibiotico che ha salvato milioni di vite e gli è valso anche il Premio Nobel per la Medicina nel 1945.
Ma questa, naturalmente, è un’altra storia.